Blood on my hands

Philadelphia, Mar. 2025
Ross ed Austin sono soli all'Oz, è ben oltre l'orario di chiusura e nessuno può venire a disturbarli. Le luci flebili del bar e del neon rosa che traballa sopra la porta del bagno delineano il profilo esile e slanciato del corpo nudo di Austin. Ross è già sdraiato a terra, supino, aspetta che sia il ragazzo ad affrettarsi verso di lui, mentre il respiro gli si fa già più affannato. Le mani del ballerino cercano sulla sua carne e sul suo ventre il punto più caldo,  sotto ai tessuti della tuta di Elysium, che di colpo sembrano troppo ingombranti.

"Cosa... cosa devo fare?"
"Continua a..."
"...Così?"
"Sì, bravo"

Sente ogni battito del cuore di Ross in ogni fiotto di sangue che gli si spinge tra le dita, in corrispondenza dei quattro fori nel ventre che lo stanno lentamente privando di ogni forza. Sente ancora l'odore di carbone dei suoi vestiti bruciati dallo scontro con un altro pirocineta, che lo ha lasciato con il naso pulsante di dolore, non abbastanza da rendersene davvero conto mentre la lucidità di Ross gli scivola tra le dita. 

"Ho chiamato i rinforzi, saranno qui a momenti, ok?"
"You did good"

Ogni volta che i suoi occhi si chiudono Austin perde un respiro ed un battito ed un frammento della convinzione che Ross sia immortale.

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Revenant gli ha  strappato il corpo di Ross dalle braccia, trascinandolo nella sala operatoria dell'Hive lasciandolo fuori ad aspettare. Il sangue che gli ha inzuppato la tuta che si è sbrigativamente gettato addosso si è già coagulato in macchie secche sul suo corpo caldo. Si è infilato una sigaretta tra i denti per tre volte e per tre volte Longshot gliel'ha strappata dalle labbra prima che potesse accenderla, portandolo ad uno sbotto che lo ha costretto ad abbandonare la base per qualche ora. 

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Austin ed Effie hanno vegliato sul corpo di Ross aspettando che si svegliasse, aspettando l'ultimo segno che potesse davvero dire che il peggio è passato. Si sono riaddormentati sotto al peso di un sollievo che li ha privati delle ultime resistenze opposte ad un sonno insistente. Il ragazzo apre gli occhi ritrovandosi accasciato sulle gambe del medico. Si raddrizza stancamente, la mascella si irrigidisce in una maschera sofferente ed oltraggiata, mentre si rende conto di non poter assistere troppo a lungo a quel corpo mutilato, la conferma della sconfitta di un'idea che pensava inattaccabile. Lascia che sia Effie, Hecate a continuare quel turno di guardia, mentre lui si lascia scivolare dalle dita le lenzuola del letto alla ricerca dell'aria del porto e di qualche raggio di sole al di fuori di quella struttura intombata sotto terra.



Philadelphia, Mar. 2025
La pioggia cade scrosciante a China Town, sospinta dal vento, porta con sé l'odore pesante della North. Di colpo molti dettagli affollano la percezione di Austin, che fino ad allora non aveva mai notato, nonostante abbia abitato in quella strada per mesi. Quell'albero che cerca ostinatamente di crescere in un lotto quadrato dove un edificio è crollato anni prima, la scritta al neon del ristorante di fronte a casa loro, che da quell'angolazione sembra disegnare uno sciacallo (è davvero sicuro di poter distinguere uno sciacallo da un cane?), la musica che si diffonde dall'appartamento della signora Chang e che sembra raccontare di una gioventù aggraziata che non avrebbe mai sospettato. E la voce di Effie. Quelle grida. Non l'ha mai sentita gridare così. Se la sente addosso, ne sente il corpo quando si getta su di lui e non riesce a fare niente né per impedirglielo né per stringerla con più forza, la poca che gli rimane e che gli serve per continuare a respirare. L'acqua si mescola al sangue che si allarga in una pozzanghera sporca tra l'asfalto ed il fianco di Austin e tutto sembra dileguarsi in forme soffuse ed ovattate dal vuoto che si impossessa lentamente delle sue percezioni. C'é una donna che si allontana da lui, ha provato ad accarezzarle il viso mentre gli spingeva una spada nel ventre, ma non si è fermata. Forse non sta davvero fuggendo, ha la netta percezione che si volti verso di lui, i capelli biondi e lunghi attaccati dallo scrosciare d'acqua. La rincorre con una parola impercettibile appiccicata alle labbra, affidata alla pioggia.

"Mom?"

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