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Philadelphia, Feb. 2025
Che cosa faresti se ti rimanesse una settimana di vita? È la domanda che si sono poste circa quattordici miliardi di persone, la popolazione di due mondi, un quesito per cui, bene o male, hanno dovuto trovare una risposta. Per Austin sono giorni di confusione, la presenza costante di Ross è diventata un'eccezione, quella ingombrante di Iphigenia è l'appiglio a cui si è aggrappato, si sono tenuti a galla a vicenda. Lui guarda Ross continuando a credere alle sue bugie, convincendosi che davvero andrà tutto bene, ripetendosi che la sua assenza è data solo dal fatto che è troppo impegnato a salvare il mondo. A salvarne due. Le poche volte che è a casa lui lo segue con uno sguardo pieno di attesa ed eccitazione, lui è troppo stanco per far qualcosa di più che accertarsi che loro stiano bene. Se si facesse in pezzi più piccoli probabilmente morirebbe. Quando lo porta in quello strano covo scavato tra i tumuli la confusione si è già trasformata in una muta rabbia. Si alimenta della sua frustrazione e di una paura che conosce troppo bene. 

"Austin. Te l'ho detto. Ho fatto una stronzata quella notte. Non posso farti da padre e da amante. Non è giusto nei tuoi confronti, non è giusto nei confronti di nessuno. Sto facendo del mio meglio per non trascinarti nel caos della mia vita, ecco cosa siamo"
"Sono stato un errore... Io non ti ho chiesto di farmi da padre. Non è quello che volevo, ma tanto avevi già deciso, uh? Perché di cosa avevi paura, di farmi del male? Well you did it already! Non hai più scuse adesso!" 

Non gli basta sfogare la rabbia nei pugni che gli schianta contro il petto (è sempre stato così largo?), la paura rimane, anche quando lui dice che non se ne andrà, che non se ne sta andando. Austin si accascia contro di lui, crede alle sue parole senza mai chiedersi se siano bugie.


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Manca circa una settimana alla fine del mondo, i giornali lo fanno intendere senza dirlo esplicitamente. Quei giorni li hanno passati insieme, come una vera famiglia, ognuno ricoprendo benissimo il proprio ruolo all'interno di quell'intervallo di totale normalità. Stanno facendo colazione, Iphigenia si sta facendo raccontare da Ross i dettagli di una malattia dai sintomi particolarmente macabri. Lo schermo del cellulare di Austin vibra muovendosi sul tavolo. Lui si allontana vedendo il nome che compare.


"Mom?"
"Ehi sunshine. Che bello sentirti. Mi sono fatto dare questo numero da Madison, mi ha detto che sei a Philadelphia. Come stai, come ti sei sistemato?"
"Sto... sto bene."
"Fantastico! Si sente dalla tua voce."
"Mamma... perché mi hai chiamato?"
"... Senti, mi dispiace per quelle cose che ho detto. Non c'era bisogno che te ne andassi via. Potrebbero essere gli ultimi giorni che ci rimangono e... e dovresti essere qui."
"Non posso andarmene via e basta."
"Just... come to say goodbye at least."

La voce le si spezza in gola, schiacciata da un pianto che cerca di trattenere. È uno sporco trucco che Austin conosce troppo bene, ma non abbastanza da esserne ormai immune. 


Tulsa, Feb. 2025

Frances lo aspetta sulla soglia di casa con un sorriso smagliante mentre lui le si avvicina con addosso la stanchezza del viaggio in autobus e della camminata dalla stazione.



"Hi Mom"
"Hello Sunshine"

Gli stringe il volto tra le mani come se dovesse custodirlo, ma ha un sussulto nel sentirlo cosi caldo.


"Shit, sei bollente, hai la febbre"

"No, non ti preoccupare, ho fatto una corsa"

Lei sembra tranquillizzarsi piuttosto rapidamente, lo guarda quasi affascinata e non c'è dubbio che se anche fosse stato accompagnato da qualcun altro lei non ne avrebbe registrato la presenza. 


"Look at you. Beautiful creation."


Lo trascina all'interno, dove regna un disordine generalizzato, più irreversibile di quello cui Austin si è abituato. In cucina lo aspetta una grossa porzione del suo piatto preferito: il polpettone per lui è sinonimo di festività. Austin si guarda intorno con fare quasi cauto per qualche secondo, ma sa già che Caleb se n'è andato: semplicemente non avrebbe ricevuto quella chiamata se fosse stato diversamente. Il naturale sospetto del ragazzo ancora non si scioglie nonostante il primo abbraccio, nonostante la prima manciata di minuti in cui lei lo guarda come se fosse l'eroe che ha sempre aspettato, ancora migliore perché lo ha fatto lei. Lui lascia cadere a terra la grossa sacca di tela in cui ha portato qualche vestito, è la stessa con cui ha lasciato Tulsa ma è molto meno ingombra. Le prime ore passano con velocità e leggerezza, fanno in tempo ad insinuare in Austin il sospetto che forse potrebbero essere sempre così. Frances lo aggiorna sulle storie del quartiere che si è perso negli ultimi quattro mesi, su Donna e Jessy che hanno fatto un figlio e Carl che è finito in prigione, ma tanto lo sapevano tutti che, raggiunti i diciott'anni, era solo una questione di tempo. Parlano per gioco in quello che credono essere un accento inglese, imitando conversazioni superficiali tra ricche donne di Birmingham per evitare di essere loro a farlo.


"Did you go to Ibiza?"

"Yeah"
"With Karen?"
"Karen and Tony"
"Oh, Tony D. or Tony T.?"
"Both Tonys and Zorab"
"Oh, lovely"
"Yeah we really mashed it in, they're gorgeous blokes"
"Oh, yeah. Now did you get a tan?"
"Oh, yeah, you know, I've got a bit of a burn, but it's gonna turn into a tan, innit?"
"It is. You eat a little bit of chorizo?"
"Yeah, chorizo, love it, it tastes really expensive, don't it?"

Il primo giorno scorre con una leggerezza inusuale, quasi sospetta, nonostante l'imminente catastrofe verso cui si stanno tutti dirigendo, finalmente senza distinzioni. 

La mattina successiva fanno colazione al diner di Rosy, lontano non più di trecento metri da casa loro. Pancakes, sciroppo d'acero, salsicce e caffé. I frammenti delle conversazioni avute nelle ore precedenti si uniscono legate dallo zucchero della melassa. 

"E poi ha detto -Ho fatto una stronzata-. That's what he said. Ma non ci ha neanche provato, aveva già deciso. Era come se... fosse impensabile. You know?"

"Sunshine, la stronzata l'ha fatta nel darti il bel servito. Però sai, forse in qualche modo lo volevi anche tu. Perché, lo sai, non siamo come le altre persone."
"...No. We're not, are we?"
"But we've got each other"
"Yeah"

Il sorriso che si sposta sul suo volto con leggera esitazione lo stupisce leggermente nel modo in cui lo trascina verso un altro mondo. Forse l'imminente sovrapposizione di due universi paralleli gli dà l'opportunità di sbirciare in un'altra delle miriadi di realtà possibili? 


"Hmm ce li hai dieci dollari? Ho dimenticato il portafoglio a casa."
"Dobbiamo scappare di nuovo dalla finestra del bagno?"
"Di che parli?"
"Non ti ricordi? Avevo sei anni, stavi con... Kevin o come cazzo si chiamava. Lui se n'è andato e siamo dovuti uscire da una finestra minuscola, mi sono tagliato il braccio con i vetri rotti"
"Davvero? Me l'ero dimenticato. Non ci si annoiava mai, eh?"
"Già... Tieni."

Lui le allunga una stropicciata banconota da venti, anche una volta abbandonato il diner Frances non si preoccupa di dargli il resto. 



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Passa un altro giorno. Sono andati al mini market a fare una spesa che ha riempito il frigorifero, gli sembra quasi di tornare indietro di qualche anno nel momento in cui si costringe a restituire una scatola di biscotti per far quadrare il totale con le banconote che ha in tasca. A casa tirano fuori gli ingredienti che hanno comprato per fare una torta al cioccolato e nel giro di dieci minuti la cucina è coperta da uno strato di farina, i loro capelli scompigliati, sottili come filamenti di seta, sono invecchiati dal biancore diffuso. Lei cerca di difendersi dai suoi attacchi, ma inutilmente. Nel tentativo di interrompere quella battaglia allunga le dita verso il suo braccio, cercando di trascinarlo a sé e per la seconda volta gli sente addosso una febbre innaturale. 

"Good Jesus Austin, scotti. Te l'ho detto che hai la febbre"

Lui si blocca, tirandosi indietro ed appoggiandosi al ripiano di legno plastificato, osservandola esitante. Lei lo guarda senza dire niente ma presagendo qualcosa di terribile al loro orizzonte.

"Non ho la febbre."
"Ti dico che scotti"
"Lo sai già mamma. Probabilmente anche mio padre scottava così. No?"

Lei lo guarda come trafitta da una realtà che sperava di aver evaso, si porta una mano alla bocca per soffocare un gemito.

"Shit, Austin..."
"Ma non cambia niente, giusto? Cioè, sono sempre io. Ci siamo giá passati, no? Lo hai detto, we've got each other."

La guarda con un sorriso incerto, ripercorrendo la memoria di un primo coming out, quasi non necessario, che l'aveva lasciata meno confusa sulla reazione da avere. Frances lo guarda attraverso una patina di lacrime, annuendo quasi timidamente, mentre Austin le si avvicina, abbracciandola per permetterle di sfogare le proprie paure contro le calde vampate del suo corpo.

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